Recentemente è scomparso lo scrittore Romeo Iurescia, poeta, narratore ed artista eclettico, portando via con sé il Molise nel cuore. Vogliamo ricordare così questa figura di spicco nel panorama della cultura molisana, fino all’ultimo respiro legata da un amore viscerale alle persone più care, alla sua Petacciato e alla terra molisana. Il canto di questo humus profondo risuona splendidamente nelle sue opere letterarie, grazie ad una morbidissima vis espressiva, ricca di narrazioni liriche ed idilliache, sostenute dalle tante voci colorate del dialetto petacciatese.
Romeo Iurescia nasce a Petacciato il 28 ottobre 1940. Dal 1960 risiede a Roma. Proviene da una umile famiglia di contadini. “Ho pascolato le pecore fino all’età di quindici anni” amava ripetere spesso nei suoi interventi, per tenere sempre alta l’attenzione verso le sue origini e quel mondo agro-pastorale che lo ha formato nel suo cammino di vita. Perché gli ha regalato non poche sensibilità e valori umani.
Questo mondo che abbraccia ogni strato dell’anima, gli consente di stemperare le sofferenze e le voci stridule iniziali, dandogli la forza di lottare sempre per affermare la sua sensibile personalità. “A Petacciato, in questa terra benedetta dal mare e dal vento, erosa dall’acqua e dal sole – come afferma in uno dei suoi racconti – ho visto gli uomini faticare come muli per un pugno di grano o di niente, fame senza pane, sogni senza futuro. Qui, in questa terra, ho visto giovinette sfiorire anzitempo e ragazzi invecchiati dalla fatica, come tante formiche tra le zolle, con le mani indurite. Anch’io rinnegai l’essere formica e con la disperazione della miseria fuggii per un destino ignoto, lasciando nei sentieri della mia terra l’alba e la sera del mio cuore”.
Così – pur di riscattare questa durissima condizione – si dedica a qualsiasi mestiere per aiutare la propria famiglia. A sedici anni entra in collegio per farsi prete missionario, ma malato di febbre maltese è costretto ben presto ad abbandonarlo.
Nel 1960 si trasferisce a Roma per lavorare in un portierato. Dopo tanti sacrifici finalmente si laurea in Lettere presso La Sapienza di Roma. A trent’anni si sposa con Lucia Anna Ferrante, ispettore capo di polizia che per molti anni ha lavorato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha ricevuto diversi riconoscimenti. È Commendatore della Repubblica ed ha ricoperto la carica di Presidente del Centro Culturale Artisti Molisani “La Conca”. È stato eletto per cinque legislature al IV Municipio di Roma.
Da Fanfani, a cui è stato legato per motivi artistici e politici, ha imparato il valore della politica come servizio per gli altri. Come cooperatore salesiano ha collaborato con Don Restelli e mons. Di Liegro, istituendo la Settimana della Carità.
Attore con la compagnia “Gli Imprevisti” ha recitato nei migliori teatri romani.
Non solo poeta, narratore e pittore, ma anche apprezzato critico d’arte e conferenziere. Notevole la sua produzione artistica e letteraria. Come critico d’arte e letterario ha pubblicato “I pittori dell’Anno Santo” 1975, Momenti d’oggi 1977 e le antologie Nuovi itinerari poetici, Parole e immagini dedicata a Francesco Jovine, Il sorriso del girasole, Il silenzio del pesco, Frulli d’ali, dedicata ai bambini di San Giuliano, L’alba del terzo millennio e Nitriti al vento. Come pittore ha partecipato a centinaia di collettive in varie città d’Italia. Ha tenuto molte personali in varie gallerie come “L’Etrusca” e “La Gradiva” di Roma dove hanno esposto Guttuso, Calabria e De Chirico. È presente in tanti cataloghi d’arte. I suoi quadri si trovano a Perth, Usa, Giappone e Francia.
Nelle scene pittoriche amava prediligere I cavalli, dal tono cromatico fantasioso, impetuosi e delicati, metafora della vita per scacciare i cattivi pensieri.
Come poeta ha pubblicato i seguenti volumi: “Canti molisani”, “La barba” 1971, “I giardini della mia mente” 1981, “Ad est della memoria” 1985, “Marcofane ‘ncoppe a lune” 1990, “Nuovi itinerari poetici“ 1995, “Parole e immagini” 1997, “Il silenzio del pesco” 1998, “Canti molisani” 1998, “Na sferziate de viente” 1999, “L’alba del terzo millennio” 2000, “Come brezza tra i rami” 2001, “Nella valle dell’io” 2003, “Il tempo e l’armonia” con prefazione di Leoluca Orlando e Antonio D’Ambrosio e “Il sole in tasca” 2013, pubblicato nella collana “I Comunardi”, Edizioni Il Bene Comune. Ha scritto oltre cinquanta prefazioni di libri di poesia e racconti, molti dei quali illustrati con i suoi disegni.
Romeo Iurescia forse meglio di tutti interpreta la realtà letteraria molisana. Il suo io narrante mette in primo piano grandi e piccoli fatti, gioie e fatiche, saggezze di un microcosmo contadino per sottrarlo all’oblio imperante. Questo mondo continua a sopravvivere nel suo paese natio. “Vive nelle case, nelle botteghe, nei bar, nella gente che anima le strade e che si porta dentro il respiro fresco, asciutto, incontaminato della natura, bene inestimabile per la vita e la cultura”. L’autore ne è parte integrante. “Se poi capita di arrecare grandi sofferenze agli altri – continua in “Il sole in tasca” – cerco di spogliarmi delle cose sporche che ho addosso e di rivestirmi di nuovi abiti, di nuove speranze per riempirmi di luce dentro, per caricarmi di sole e di amore, perché un uomo, soprattutto se è padre, deve sempre portare il sole in tasca, anche se i suoi occhi sono pieni di lacrime”. Per questa schietta, umile e profonda filosofia di vita positiva, Romeo Iurescia non morirà mai.
Una lectio magistralis – dunque – con tante sfumature dell’anima – si avverte silenziosamente nei suoi personaggi pieni di slancio vitale, espressione di un contesto locale non dissimile dalle tante piccole realtà del Mezzogiorno d’Italia.
Dall’alba al tramonto si anima l’epos di un mondo perduto, costituito da volti, da corpi, da figure minime, da crinali preziosi che si perdono all’infinito, freschissimi, dando tono e piacevolezza alla sintassi della narrazione. Persone, ambienti e tante piccole cose nel volto della memoria hanno il diritto di sopravvivere. E di esistere tra non pochi sapienti silenzi.
Esalta – pertanto – il potere del silenzio capace di abbracciare ogni posto dell’anima. Spesso – comunque – l’alito prezioso del suo respiro ci sfugge. Ma tutti sicuramente ne abbiamo bisogno per capire di più. Soprattutto quando l’assordante tam tam dei frastuoni vuole cancellarlo per sempre. “Il silenzio – afferma quando narra le storie dei personaggi di Petacciato – deve penetrare nella nostra carne, nelle nostre ossa, deve farla vibrare come nuova energia; il silenzio è propellente del nostro linguaggio, del nostro sentire. Più profondo è il silenzio più profondo è il sentire”. Tra terra e cielo – di certo – l’abbraccio corale vibra e risuona per sostenere qualsiasi condizione.
In “Terremoto” improvvisamente gli equilibri si spezzano. Si sa che la ratio degli eventi spesso segue un iter enigmatico. Si piega il silenzio. Si piega il sentire. S’impastano lacrime e polvere. Prosa e poesia si compenetrano e si fondono. “Chiese nel silenzio”. “La terra continua a tremare. I cuori continuano a gemere spaventati dal tuono che fulmina e dalla terra che fuma”. Si gelano suoni e parole. I sogni non volano più. “Erano scolari belli, obbedienti, intelligenti, quelli di San Giuliano di Puglia. Viravano alla prima curva della vita, portavano gerle di pane e di amore ed ora hanno le tasche stracolme di sassi, cemento e calcinacci. Erano studenti vigorosi anche quelli de L’Aquila. Quel dolore serpeggia tra i muri fumanti, quel dolore disordinato brucia come una lingua di fuoco. Ora vagano mamme smarrite e padri desolati fra i ruderi e l’aspro odore del legno delle baracche. Quelle madri stanno ricostruendo le loro case nei loro cuori”.
A San Giuliano di Puglia – dove Romeo Iurescia si è sentito a casa sua – è stato presidente di commissione e ha illustrato i valori del Concorso Nazionale “I Colori della Vita”. Qui le maestre, i componenti della commissione, l’attuale preside dell’Istituto Omnicomprensivo Angela Tosto, i docenti, il Provveditore agli Studi Giuseppe Colombo, ricordano l’eco dei suoi passaggi sonori, il ritmo piacevole dei suoi versi, l’afflato, il flusso lirico ed affettivo dei suoi racconti. Nella storia di questa iniziativa – a cui era molto legato – ora riposa e siede accanto a Errico Rosati, Antonio Giordano e Sabino Ventura, artista che – con la giapponese Yumiko Tachimi – ha regalato alla Jovine una delle opere più luminose – La Fonte degli Angeli – per ricordare i 27 bambini e la loro maestra, morti il 31 ottobre 2002, alle ore 11.32, nel crollo della scuola di San Giuliano di Puglia.
Tutti portiamo nel cuore la disponibilità di Romeo Iurescia, il suo spirito attivo e il sorriso solare puntualmente stampato nel suo volto. Che consentiva a chiunque di percepire intimamente la funzione della memoria, gli antichi saperi, le storie di ieri, le piccole cose, l’amore per la propria terra e i profumi del nostro Molise.
LUIGI PIZZUTO
Presidente della Commissione
del Concorso Nazionale
I Colori della Vita